E’ molto interessante e di primaria rilevanza la sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea ha chiarito la portata dell’art. 8, paragrafo 3 del regolamento n. 2017/1001, nel caso in cui una domanda di marchio sia presentata, a proprio nome, da un agente o rappresentante del titolare del marchio senza il suo consenso.
La sentenza, resa nel mese di novembre 2020 nella causa n.809/18 P, trae origine dalla opposizione proposta dal titolare del marchio denominativo americano “MAGIC MINERALS BY JEROME ALEXANDER” alla domanda di registrazione del marchio “MINERAL MAGIC” presentata da un proprio distributore.
Dopo diverse e contrastanti pronunce, il caso veniva posto all’attenzione della Corte di Giustizia, chiamata a chiarire se l’art.8, par.3, Reg. 2017/1001, estendesse o meno la sua portata a marchi non solo identici ma anche simili.
Il Regolamento Europeo prevede all’art. 8, comma 3, che, in seguito all’opposizione del titolare del marchio anteriore, il marchio richiesto sia escluso dalla registrazione: “se l’agente o il rappresentante del titolare del marchio presenta la domanda a proprio nome e senza il consenso del titolare, a meno che tale agente o rappresentante non giustifichi il suo modo di agire”.
La Corte ha ritenuto che, sebbene non sia specificatamente stabilito se detto articolo si applichi soltanto a marchi identici o anche a marchi simili, una interpretazione estensiva si debba desumere da vari elementi.
Quando si interpreta una disposizione del diritto dell’Unione occorre, infatti, tenere conto non soltanto della formulazione di quest’ultima, ma anche del suo contesto e degli obiettivi che persegue l’atto di cui fa parte.
Pertanto una interpretazione restrittiva della suindicata norma si staccherebbe dal contesto in cui è formulata e comporterebbe che il titolare del marchio anteriore sia privato della possibilità di opporsi, alla registrazione di un marchio simile da parte del suo agente o del suo rappresentante mentre quest’ultimo, in esito a tale registrazione, potrebbe presentare opposizione avverso la domanda di successiva registrazione del marchio originario da parte di tale titolare, a causa della sua somiglianza con il marchio registrato dall’agente in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.
Infatti, un’interpretazione restrittiva sarebbe in contrasto con l’obiettivo di tale disposizione di evitare la sottrazione del marchio anteriore da parte dell’agente o del rappresentante del relativo titolare, poiché l’agente o il rappresentante potrebbe sfruttare le conoscenze e l’esperienza acquisite durante la relazione commerciale con il titolare traendo, pertanto, un indebito profitto dal lavoro e dagli investimenti effettuati dallo stesso titolare del marchio, ciò indipendentemente dalla identità o similarità dei marchi.
Con questa pronuncia la Corte di Giustizia ha quindi fatto luce sul frequente caso in cui l’agente si “impossessi” del marchio del titolare, stabilendo che sussistono validi ed immediati strumenti di tutela contro chi sfrutti il lavoro altrui, a prescindere dalla identità o somiglianza dei marchi.
IL MARCHIO OOGGETTO DEL CONTENDERE