L’evoluzione del web ha reso la contraffazione online un fenomeno in espansione sempre più rilevante per i danni che ne possono derivare.
La Corte di Giustizia è intervenuta a chiarire i criteri di determinazione della competenza giurisdizionale nel caso di contraffazione di marchi UE attraverso la rete.
Più in particolare la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 05.09.2019 (causa C-172/18) si è pronunciata sulla interpretazione dell’art. 97, par.5, reg. CE n.207/2009 (trasfuso oggi nel Regolamento CE 2017/1001) ritenendo che “per territorio dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso” debba intendersi il luogo in cui si trova il pubblico destinatario della pubblicità e non invece quello ove il terzo ha preso la decisione di fare tale pubblicità e di offrire in vendita detti prodotti.
Pertanto il titolare di un marchio della Unione Europea che si ritiene leso dall’uso senza il suo consenso, da parte di un terzo, di un segno identico al proprio marchio nella pubblicità e nelle offerte di vendita pubblicate per via elettronica per prodotti identici o simili a quelli per cui tale marchio è stato registrato, può agire dinanzi al Tribunale delle Imprese nel cui territorio si trovano i consumatori o professionisti cui si rivolge tale pubblicità e questo sebbene le decisioni e le misure finalizzate a tale pubblicazione elettronica siano avvenute in un altro Stato membro.
La questione sottoposta alla Corte ha avuto origine da una azione proposta innanzi al Tribunale del Regno Unito da AMS Neve, BW Trustees e Mark Crabtree in danno della Heritage Audio, società con sede in Spagna, relativa ad una azione per contraffazione per la presunta violazione di diritti conferiti da un marchio della Unione Europea.
Il Tribunale Adito si è ritenuto incompetente sul presupposto che la controversia rientrasse nella competenza del Tribunale dello Stato membro in cui il convenuto ha il suo domicilio, nel caso di specie il Regno di Spagna, precisando che la competenza dei giudici spagnoli deriverebbe anche dall’art. 97 par.5 individuando il luogo in cui è commesso l’atto di contraffazione nel luogo in cui il terzo ha preso la decisione di pubblicizzare e di offrire in vendita detti prodotti sul sito Internet ed ha stabilito le modalità di attuazione di suddetta decisione.
Proposto appello da parte dei ricorrenti, il Giudice di Appello ha sottoposto la questione alla Corte di Giustizia la quale nel rispondere ai quesiti posti dal Giudice del rinvio, nei termini di cui innanzi, ha precisato che una interpretazione dei termini “territorio dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso” quale luogo in cui il convenuto ha preso le decisioni e ha adottato le misure tecniche per l’avvio della pubblicazione su Internet consentirebbe ai contraffattori che vogliono impedire ai titolari del marchio di disporre di un foro alternativo, di far coincidere il territorio del caricamento online con quello del loro stabilimento. Detta interpretazione sarebbe altresì inappropriata poiché in taluni casi sarebbe difficile o addirittura impossibile per il ricorrente conoscere detto luogo.
Con questa pronuncia la Corte di Giustizia ha quindi risolto la dibattuta e complessa questione della competenza nel caso sempre più frequente ed attuale della contraffazione sul web.